sabato 28 febbraio 2009
DESTINO
Sto cominciando a pensare sul serio che esista un destino. Non l'ho mai creduto, però sento che è così. A volte le coincidenze sono troppe per poter essere ignorate, troppe per poter passare oltre ingenui, pensando che tutto accada per caso. Occore però, se si percepisce la mano plasmatrice del destino, avere l'acutezza anche per cogliere il suo insegnamento.
giovedì 26 febbraio 2009
GEOMETRIA
La geometria è espressione stretta di ordine, e nell'ordine risiede la forza. La geometria è l'immagine di una forza controllata, ammaestrata, che si esprime nella cornice del visivo.
Le chiese, i monumenti in genere per esempio, più sono imponenti, più esprimono idee di forza, grandezza, splendore, più contengono nel loro complesso sistema numerose forze controllate, con contrafforti, con archi rampanti, volte a tutto sesto od a sesto acuto...
E' come se le linee di forza si esprimessero in un gioco creato dall'uomo, e in quella geometria risiedesse un segreto. Senza la geometria non vi sarebbero forze ammaestrate, la chiesa sarebbe un cumulo di macerie in rovina, il disordine esprimerebbe il lento scorrere del fiume del destino, verso la disgregazione e la confusione di tutto ciò che è geometrico.
E dal grande al piccolo, perchè anche gli atomi sono geoetrici, i legami tra loro sono geometrici, le molecole sono geometriche, e l'uomo stesso è composto dalla geometria più complessa e viva ed in trasformazione continua, ed in esso risiede una forza ammaestrata che è talmente bella e varia ed imponente da risplendere come una stella nella sua magnificenza fisica e spirituale.
martedì 24 febbraio 2009
FANTASCIENZA?
Luca era particolarmente triste ma determinato. Appena nato, dopo l'analisi del DNA, misura applicata di prassi a tutti i neonati, gli fu diagnosticata una predisposizione del 50 % sopra la media per l'alzaimer, un 60% per il tumore, un 80% per il diabete, un 70% per disfunzioni renali. La sua probabilità di vita si aggirava dai calcoli statistici attorno ai 40 anni. Da quando le ricerche sulle biotecnologie riavevano acquistato piede il mondo si era trasformato. Solo cinquant'anni prima, nel duemilanove, si parlava di OGM come se fossero veleni tossici. Oggi invece tutto era cambiato, le coppie potevano decidere sulla fecondazione artificiale con feti umani modificati, più forti, più intelligenti, più sani. I film come Gattaca o Blade Runner avevano inconsciamente predetto un tratto del futuro, l'uomo si era messo a giocare con il DNA al posto di Dio.
Si cominciarono a sviluppare anche farmaci al dna, si costruirono virus-medicine che interagendo con l'informazione genetica la potenziavano, la rendevano più stabile, e le guerre si cominciarono a combattere sempre più sui geni e con armi a distruzione di massa. I killer avevano come secondo lavoro quello dei tecnici biomolecolari, se possedevano le informazioni del tuo DNA potevano creare un virus ad personam. Le piante coltivate furono tutte modificate per risolvere i problemi di produzione, che erano sempre più importanti data la sovrapopolazione.
Purtroppo però si era raggiunto il punto di non ritorno. Sembrava che l'uomo riuscisse a governare tutto, sembrava che riuscisse a riplasmare l'intero ecosistema mondiale secondo la sua esigenza, ma non fu così. Le nuove malattie, i nuovi batteri e virus, cominciarono a falciare vite con una velocità impressionante, poi vi fu il crack della natura, alcune piante impazzirono e cominciarono a moltiplicarsi ovunque soffocando le altre specie che lentamente si estinguevano. I delicati equilibri di gas nell'atmosfera si sfecero e fu l'inizio della fine, l'uomo dovette rifugiarsi sotto cupole ad aria artificiale per ripararsi da quella esterna, non più respirabile.
Luca, ormai stanco nel suo laboratorio, non demordeva. Aveva 60 anni, contro tutte le aspettative.
Erano sopravvissuti solo pochi esseri umani in tutto il mondo, riuniti in piccole colonie protette, e in quella piccola stanza, il più combattivo, non voleva arrendersi al destino, voleva a tutti i costi completare la ricerca per dare nuova vita al mondo.
L'uomo poteva risollevarsi, recuperare, ripartire da capo, conscio dei suoi errori avrebbe potuto porre nuove basi per il futuro.
Correva l'anno 2499 d.C, dopo più di quattrocento anni interminabili, un uomo era appena nato di nuovo all'aria aperta, sotto la luce del sole e delle stelle.
Si cominciarono a sviluppare anche farmaci al dna, si costruirono virus-medicine che interagendo con l'informazione genetica la potenziavano, la rendevano più stabile, e le guerre si cominciarono a combattere sempre più sui geni e con armi a distruzione di massa. I killer avevano come secondo lavoro quello dei tecnici biomolecolari, se possedevano le informazioni del tuo DNA potevano creare un virus ad personam. Le piante coltivate furono tutte modificate per risolvere i problemi di produzione, che erano sempre più importanti data la sovrapopolazione.
Purtroppo però si era raggiunto il punto di non ritorno. Sembrava che l'uomo riuscisse a governare tutto, sembrava che riuscisse a riplasmare l'intero ecosistema mondiale secondo la sua esigenza, ma non fu così. Le nuove malattie, i nuovi batteri e virus, cominciarono a falciare vite con una velocità impressionante, poi vi fu il crack della natura, alcune piante impazzirono e cominciarono a moltiplicarsi ovunque soffocando le altre specie che lentamente si estinguevano. I delicati equilibri di gas nell'atmosfera si sfecero e fu l'inizio della fine, l'uomo dovette rifugiarsi sotto cupole ad aria artificiale per ripararsi da quella esterna, non più respirabile.
Luca, ormai stanco nel suo laboratorio, non demordeva. Aveva 60 anni, contro tutte le aspettative.
Erano sopravvissuti solo pochi esseri umani in tutto il mondo, riuniti in piccole colonie protette, e in quella piccola stanza, il più combattivo, non voleva arrendersi al destino, voleva a tutti i costi completare la ricerca per dare nuova vita al mondo.
L'uomo poteva risollevarsi, recuperare, ripartire da capo, conscio dei suoi errori avrebbe potuto porre nuove basi per il futuro.
Correva l'anno 2499 d.C, dopo più di quattrocento anni interminabili, un uomo era appena nato di nuovo all'aria aperta, sotto la luce del sole e delle stelle.
domenica 22 febbraio 2009
ATTIMI PIU' LUNGHI
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Sgretolo grumi di sabbia triste,
lacrime coagulata, dai reami
dell'anima, cielo di stelle.
Mi rialzo, mi trafigge il ginocchio,
massaggio e mi rincuoro,
non capisco ma non importa
perchè intanto cammino.
Da socchiusi, scorro capelli nel vento.
Ritrovo l'affetto dell'alba.
Inspiro, sono ancora vivo.
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Sgretolo grumi di sabbia triste,
lacrime coagulata, dai reami
dell'anima, cielo di stelle.
Mi rialzo, mi trafigge il ginocchio,
massaggio e mi rincuoro,
non capisco ma non importa
perchè intanto cammino.
Da socchiusi, scorro capelli nel vento.
Ritrovo l'affetto dell'alba.
Inspiro, sono ancora vivo.
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Etichette:
POESIE NEL SANGUE
L'UOMO CORNICE
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Quel bicchiere urla la sete,
il bisogno di mostrarsi pieno.
Soprammobile sigaretta
del centrino spesso sull'anima.
Rosa plastica nel taschino
d'un capello biondo ossigeno,
occhio basso sfuggente
nella tristezza di una mela amara.
L'occasione desiderata, o timido,
è il ballo del pavone maschera,
distoglie la piumacoda colorata
per chi non apre le ali.
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Quel bicchiere urla la sete,
il bisogno di mostrarsi pieno.
Soprammobile sigaretta
del centrino spesso sull'anima.
Rosa plastica nel taschino
d'un capello biondo ossigeno,
occhio basso sfuggente
nella tristezza di una mela amara.
L'occasione desiderata, o timido,
è il ballo del pavone maschera,
distoglie la piumacoda colorata
per chi non apre le ali.
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POESIE NEL SANGUE
sabato 21 febbraio 2009
AMICIZIA
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Ti stimo, amico mio.
D'una semplicità tua
vivi i tuoi giorni, vivo.
Il tempo scorre fiume
e già la vita si realizza,
dono da Dio, mirante.
Brillano i tuoi occhi
d'affetto fraterno,
orme dei tuoi passi.
Ti stimo, amico mio.
Oggi tu mi insegni
a stare nel mondo, grazie.
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Ti stimo, amico mio.
D'una semplicità tua
vivi i tuoi giorni, vivo.
Il tempo scorre fiume
e già la vita si realizza,
dono da Dio, mirante.
Brillano i tuoi occhi
d'affetto fraterno,
orme dei tuoi passi.
Ti stimo, amico mio.
Oggi tu mi insegni
a stare nel mondo, grazie.
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venerdì 20 febbraio 2009
LA SPORULAZIONE DELL'UOMO
Le colonie batteriche puzzano. Però, oltre che puzzare, ci offrono ottimi spunti di riflessione.
Mai dialogato con dei batteri, io, però devo dire che le previsioni di Nostradamus sono nulla a confronto di quelle di questi microrganismi. Loro colonizzano, e si moltiplicano. Sfruttano tutte le risorse disponibili, fino a rimanerne senza. Producono spesso sostanze tossiche con le quali si autouccidono. Anche i lieviti seguono il "fiume" di madrenatura, seguono lo scorrere degli eventi, subiscono il mezzo esterno nel quale vivono. Nei mosti, ad esempio, trovano tantissime sostanze nutritive, talmente tante che si ritrovano spiazzati. Loro sarebbero pure delle muffette unicellulari carine carine, intelligenti quel poco che basta per riprodursi con la massima efficienza, ma decidono, siccome peccano di gola, di abbuffarsi fino a scoppiare. Si ritrovano a banchettare alla mensa più ghiotta che possano sperare, ad abbuffarsi talmente tanto che non riescono a digerire tutto quello che mangiano, perchè è troppo per loro, non hanno misura alcuna. Come quei ricchi romani di duemila anni fa che finito il pasto si mettevano un dito in bocca, svuotavano il pancino, e si rimettevano a mangiare. Batteri e lieviti instaurano, al posto di vomitare su tutto, dei metabolismi meno efficienti, sprecano se vogliamo dire così le loro risorse, e creano dallo zucchero, invece che anidride carbonica ed acqua, anidride carbonica e sostanze di scarto altemente energetiche, quali l'alcool. L'alcool però sta ai lieviti quanto l'anidride carbonica sta all'uomo. Sopra certi livelli non c'è più tolleranza, e ci si intossica, e poi si muore. Si autoammazzano perchè si sono moltiplicati troppo in fretta sfruttando male l'ambiente che li circondava, perchè troppo ingordi, troppo incapaci di godersi la vita con calma. Per fortuna che questi non si bevono pure l'alcool che producono se no per noi uomini non ne resterebbe nemmeno una goccia. Però loro non hanno cervello, non hanno anima, non hanno emozioni. Sono delle muffe. Sono come i batteri. Sono misere piccole cellule che non hanno la minima capacità di capire che stanno per autodistruggersi. D'altronde, madrenatura ha ovviato anche a questo, ha dato loro la capacità, qualora si ritrovassero senza cibo, di trasformarsi in spore ed attendere per lunghi tempi, in uno stato di letargo assoluto, come una morte apparente, che si ripresenti l'occasione di ricominciare a riprodursi, a ricolonizzare il clonizzabile.
Però che sfiga eh?
Noi, anche se ci proviamo e ci concentriamo al massimo, non riusciremo mai a trasformarci in spore e ad ibernarci all'occorrenza. A noi cosa ha dato madrenatura? Cosa ci ha dato Dio? Stiamo colonizzando il pianeta sfruttando intelligentemente le risorse o stiamo puntando verso quell'ammasso di immondizie e tossine che ci autodistruggeranno? Stiamo puntando verso uno sviluppo sostenibile o verso lo sfruttamento ingordo delle risorse oltre il punto di non ritorno? Se fosse così vorrei che la ricerca inventasse un metodo per trasformarmi in spora prima che non esista più un piatto di riso buono da mangiare con gli amici ridendo e giocando a catan.
Mai dialogato con dei batteri, io, però devo dire che le previsioni di Nostradamus sono nulla a confronto di quelle di questi microrganismi. Loro colonizzano, e si moltiplicano. Sfruttano tutte le risorse disponibili, fino a rimanerne senza. Producono spesso sostanze tossiche con le quali si autouccidono. Anche i lieviti seguono il "fiume" di madrenatura, seguono lo scorrere degli eventi, subiscono il mezzo esterno nel quale vivono. Nei mosti, ad esempio, trovano tantissime sostanze nutritive, talmente tante che si ritrovano spiazzati. Loro sarebbero pure delle muffette unicellulari carine carine, intelligenti quel poco che basta per riprodursi con la massima efficienza, ma decidono, siccome peccano di gola, di abbuffarsi fino a scoppiare. Si ritrovano a banchettare alla mensa più ghiotta che possano sperare, ad abbuffarsi talmente tanto che non riescono a digerire tutto quello che mangiano, perchè è troppo per loro, non hanno misura alcuna. Come quei ricchi romani di duemila anni fa che finito il pasto si mettevano un dito in bocca, svuotavano il pancino, e si rimettevano a mangiare. Batteri e lieviti instaurano, al posto di vomitare su tutto, dei metabolismi meno efficienti, sprecano se vogliamo dire così le loro risorse, e creano dallo zucchero, invece che anidride carbonica ed acqua, anidride carbonica e sostanze di scarto altemente energetiche, quali l'alcool. L'alcool però sta ai lieviti quanto l'anidride carbonica sta all'uomo. Sopra certi livelli non c'è più tolleranza, e ci si intossica, e poi si muore. Si autoammazzano perchè si sono moltiplicati troppo in fretta sfruttando male l'ambiente che li circondava, perchè troppo ingordi, troppo incapaci di godersi la vita con calma. Per fortuna che questi non si bevono pure l'alcool che producono se no per noi uomini non ne resterebbe nemmeno una goccia. Però loro non hanno cervello, non hanno anima, non hanno emozioni. Sono delle muffe. Sono come i batteri. Sono misere piccole cellule che non hanno la minima capacità di capire che stanno per autodistruggersi. D'altronde, madrenatura ha ovviato anche a questo, ha dato loro la capacità, qualora si ritrovassero senza cibo, di trasformarsi in spore ed attendere per lunghi tempi, in uno stato di letargo assoluto, come una morte apparente, che si ripresenti l'occasione di ricominciare a riprodursi, a ricolonizzare il clonizzabile.
Però che sfiga eh?
Noi, anche se ci proviamo e ci concentriamo al massimo, non riusciremo mai a trasformarci in spore e ad ibernarci all'occorrenza. A noi cosa ha dato madrenatura? Cosa ci ha dato Dio? Stiamo colonizzando il pianeta sfruttando intelligentemente le risorse o stiamo puntando verso quell'ammasso di immondizie e tossine che ci autodistruggeranno? Stiamo puntando verso uno sviluppo sostenibile o verso lo sfruttamento ingordo delle risorse oltre il punto di non ritorno? Se fosse così vorrei che la ricerca inventasse un metodo per trasformarmi in spora prima che non esista più un piatto di riso buono da mangiare con gli amici ridendo e giocando a catan.
mercoledì 18 febbraio 2009
RISATE E SCENE COMICHE
Ho risate dentro, tante.
Stavo pensando a certe persone, a quanto siano originali.
Non è l'originalità lampante quella di cui parlo, ma quella piccina, quella che non si nota subito ma che partecipa al crearsi di un'impressione, di una atmosfera particolare. Io intendo l'originalità insita in ognuno, intendo quei comportamenti, quegli atteggiamenti, che ci differenziano, quelle gaffe, quei modi di dire, di fare, di osservare, di girarsi, di camminare, di muoversi, di tenere in mano oggetti, di spostarli, di fare rumore...che sono particolari, genuini.
E li trovo immensamente comici.
Ma non di una comicità cattiva, volta a denigrare, ma di una comicità buona, da abbracci e risate. Io stesso mi riscopro talvolta il primo a fare atteggiamenti, comportamenti, molto strani, particolari, inconsci e spesso buffi o pregni di una comicità caratterizzante.
E posso solo ridere.
Per non parlare di questo ultimo periodo universitario e di quante persone, docenti, studenti, bidelli, segretarie, presidi ho incontrato e che col senno di poi noto dentro di loro una comicità esilarante. Oggi sono stato a lezione, ho avuto tre professori diversi, ed in ognuno di loro ho trovato qualcosa di estremamente simpatico che mi stava facendo troppo ridere.
Il primo di questi non ci guardava negli occhi, spiegava con passione anche se non sembrava seguisse un filo logico, e scriveva talvolta sulla lavagna per pennarelli con dei colori completamente scarichi, che lasciavano la striscia bianca sulla lavagna ancora sporca, pulita male. E mi faceva troppo ridere perchè intervallava il discorso con delle parole dimenticate, assolutamente non usuali, parole come "lapis", "ciucciano" unite ad espressioni puramente dialettali. Troppo simpatico.
Il secondo sembra invece sproporzionato. Ha la testa ed il collo più piccoli di come ci si potrebbe aspettare guardando l'altezza e le spalle. Inoltre sembra davvero goffo, credo ai miei livelli quando tento di giocare a calcio, e non sta mai fermo in piedi, continua a muoversi, ed è successo un paio di volte che ha pure perso l'equilibrio inciampando in una sedia. Anche questo ci mette passione a spiegare. Simpaticissimo davvero.
Il terzo è fenomenale. E sembra un genio. Lo si può intendere dalla velocità con cui spiega e parla, sembra un nastro preregistrato mandato avanti veloce. Solo che i concetti che va ad affrontare non sono quelli con cui noi siamo abituati, non mastichiamo formule fisiche e matematiche da almeno cinque anni buoni...E' fantastico, quando comincia non lo si ferma più, scrive alla lavagna alla velocità di una dattilografa, usando spesso abbreviazioni incomprensibili, ma il bello è che pure lui è bello massiccio e si vede che non è abituato a spiegare perchè non si cura nella foga di lasciare agli studenti lo spazio sufficiente tra la sua schiena e la lavagna per permetterci di vedere cosa scrive. Poi si volta e ci dice, cosa c'è che non va? Non avete capito? Vi vedo perplessi...Allora gli ho chiesto cosa avesse scritto su quella metà buona della lavagna, ma parla troppo veloce, non riesco proprio a seguirlo, avrei bisogno di un registratore e riascoltarlo a casa a velocità molto più lenta...La cosa più buffa è che man a mano che la lezione prosegue egli, continuando a cancellare e riscrivere, ricancellare e riscrivere di nuovo, finisce ad avere le mani nere dalla polvere d'inchiostro dei pennarelli, con la quale di solito si sporca facilmente. La settimana scorsa in due ore è riuscito a fare impronte giganti, nere, sulla sua maglia bianca, oggi si è limitato a spalmarsi inconsapevolmente il colore sulla faccia. Fantastico. Gli avrei dato un abbraccio.
Sono particolarmente contento perchè in una situazione difficile, che solitamente mi avrebbe fatto innervosire non poco, stavo per scoppiare a ridere di gusto rischiando di fare una sonora gaffe. Ho accettato la situazione invece di ribellarmi, invece di dover capire tutto a tutti i costi, e l'ho accettata con un gran sorriso sulle labbra. Con una risata trattenuta.
Forse sto diventando imbecille.
Stavo pensando a certe persone, a quanto siano originali.
Non è l'originalità lampante quella di cui parlo, ma quella piccina, quella che non si nota subito ma che partecipa al crearsi di un'impressione, di una atmosfera particolare. Io intendo l'originalità insita in ognuno, intendo quei comportamenti, quegli atteggiamenti, che ci differenziano, quelle gaffe, quei modi di dire, di fare, di osservare, di girarsi, di camminare, di muoversi, di tenere in mano oggetti, di spostarli, di fare rumore...che sono particolari, genuini.
E li trovo immensamente comici.
Ma non di una comicità cattiva, volta a denigrare, ma di una comicità buona, da abbracci e risate. Io stesso mi riscopro talvolta il primo a fare atteggiamenti, comportamenti, molto strani, particolari, inconsci e spesso buffi o pregni di una comicità caratterizzante.
E posso solo ridere.
Per non parlare di questo ultimo periodo universitario e di quante persone, docenti, studenti, bidelli, segretarie, presidi ho incontrato e che col senno di poi noto dentro di loro una comicità esilarante. Oggi sono stato a lezione, ho avuto tre professori diversi, ed in ognuno di loro ho trovato qualcosa di estremamente simpatico che mi stava facendo troppo ridere.
Il primo di questi non ci guardava negli occhi, spiegava con passione anche se non sembrava seguisse un filo logico, e scriveva talvolta sulla lavagna per pennarelli con dei colori completamente scarichi, che lasciavano la striscia bianca sulla lavagna ancora sporca, pulita male. E mi faceva troppo ridere perchè intervallava il discorso con delle parole dimenticate, assolutamente non usuali, parole come "lapis", "ciucciano" unite ad espressioni puramente dialettali. Troppo simpatico.
Il secondo sembra invece sproporzionato. Ha la testa ed il collo più piccoli di come ci si potrebbe aspettare guardando l'altezza e le spalle. Inoltre sembra davvero goffo, credo ai miei livelli quando tento di giocare a calcio, e non sta mai fermo in piedi, continua a muoversi, ed è successo un paio di volte che ha pure perso l'equilibrio inciampando in una sedia. Anche questo ci mette passione a spiegare. Simpaticissimo davvero.
Il terzo è fenomenale. E sembra un genio. Lo si può intendere dalla velocità con cui spiega e parla, sembra un nastro preregistrato mandato avanti veloce. Solo che i concetti che va ad affrontare non sono quelli con cui noi siamo abituati, non mastichiamo formule fisiche e matematiche da almeno cinque anni buoni...E' fantastico, quando comincia non lo si ferma più, scrive alla lavagna alla velocità di una dattilografa, usando spesso abbreviazioni incomprensibili, ma il bello è che pure lui è bello massiccio e si vede che non è abituato a spiegare perchè non si cura nella foga di lasciare agli studenti lo spazio sufficiente tra la sua schiena e la lavagna per permetterci di vedere cosa scrive. Poi si volta e ci dice, cosa c'è che non va? Non avete capito? Vi vedo perplessi...Allora gli ho chiesto cosa avesse scritto su quella metà buona della lavagna, ma parla troppo veloce, non riesco proprio a seguirlo, avrei bisogno di un registratore e riascoltarlo a casa a velocità molto più lenta...La cosa più buffa è che man a mano che la lezione prosegue egli, continuando a cancellare e riscrivere, ricancellare e riscrivere di nuovo, finisce ad avere le mani nere dalla polvere d'inchiostro dei pennarelli, con la quale di solito si sporca facilmente. La settimana scorsa in due ore è riuscito a fare impronte giganti, nere, sulla sua maglia bianca, oggi si è limitato a spalmarsi inconsapevolmente il colore sulla faccia. Fantastico. Gli avrei dato un abbraccio.
Sono particolarmente contento perchè in una situazione difficile, che solitamente mi avrebbe fatto innervosire non poco, stavo per scoppiare a ridere di gusto rischiando di fare una sonora gaffe. Ho accettato la situazione invece di ribellarmi, invece di dover capire tutto a tutti i costi, e l'ho accettata con un gran sorriso sulle labbra. Con una risata trattenuta.
Forse sto diventando imbecille.
domenica 15 febbraio 2009
PRIMA DEI SOGNI
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Cielo vuoto mi onora.
Le luci saettano
e la mente s'adagia.
Respiro profondo
e poi flash,
memorie e fantasie,
poi il nulla, è pace.
Fuori le stelle
splendono da sole.
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Cielo vuoto mi onora.
Le luci saettano
e la mente s'adagia.
Respiro profondo
e poi flash,
memorie e fantasie,
poi il nulla, è pace.
Fuori le stelle
splendono da sole.
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POESIE NEL SANGUE
sabato 14 febbraio 2009
TRATTO D'ANIMA
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Incubi asteroidi e mostri satelliti
orbitano alla gravità di un illusione.
Talvolta spero salvezza, fuga,
ma m'inseguono attratti.
La paura mi calamita naturale
le collisioni picco, sofferenza nausea.
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Incubi asteroidi e mostri satelliti
orbitano alla gravità di un illusione.
Talvolta spero salvezza, fuga,
ma m'inseguono attratti.
La paura mi calamita naturale
le collisioni picco, sofferenza nausea.
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mercoledì 11 febbraio 2009
COMMENTO A " LA SPADA DI MANAS"
Per chi me l'ha chiesto ecco un commento sintetico.
La vita sta diventando una partita a scacchi, solo che al posto della scacchiera e dei pezzi, cavalli alfieri eccetera, si usano le parole, l'intelligenza, l'ego votato al male, al raggiro.
E' una partita a scacchi dove lo scopo non è dare lo scacco matto, ma è il vincere-convincere, il pescare l'uomo allocco che beve e crede alle parole che gli si dicono, perchè vede in queste dei miraggi irresistibili.
E vedo nel mondo uomini che cercano di convincere altri uomini, che si impongono, che disinformano, che fanno il doppio gioco, che si mostrano come non sono per raggirare, è come assistere ad una guerra.
E queste parole non mi suonano più di una lingua, che è fatta per comunicare, ma mi suonano più di rumori di un campo di battaglia, come bombe, perchè sono usate come armi, per conquistare e non per esprimere.
Queste parole-armi generano lapidi, perchè uccidono allo stesso modo. E la tristezza che provo nel vedere me stesso raggirato, nel vedere molte altre persone che cadono vittime dei raggiri, è molto alta. Queste nuove armi, questi giochi psicofisici di comunicazione corrotta volta a trarne un vantaggio personale, uccidono le virtù e la volontà di perseguire una retta via con retta intenzione sia in chi le adopera, sia in chi le subisce.
E' permettere a Manas, alla mente, di illudersi che la felicità sia laddove la si può conquistare calpestando gli altri o che l'utilità di farsi calpestare abbia un tornaconto che giustifichi il tacere la propria essenza-morale-virtù. Permettere a Manas di agire così è permettere il genocidio delle anime, delle coscienze, che verrebbero terminate prima della fine fisica, anima e corpo avrebbero quindi due istanti di morte diversi, in tempi separati.
La vita sta diventando una partita a scacchi, solo che al posto della scacchiera e dei pezzi, cavalli alfieri eccetera, si usano le parole, l'intelligenza, l'ego votato al male, al raggiro.
E' una partita a scacchi dove lo scopo non è dare lo scacco matto, ma è il vincere-convincere, il pescare l'uomo allocco che beve e crede alle parole che gli si dicono, perchè vede in queste dei miraggi irresistibili.
E vedo nel mondo uomini che cercano di convincere altri uomini, che si impongono, che disinformano, che fanno il doppio gioco, che si mostrano come non sono per raggirare, è come assistere ad una guerra.
E queste parole non mi suonano più di una lingua, che è fatta per comunicare, ma mi suonano più di rumori di un campo di battaglia, come bombe, perchè sono usate come armi, per conquistare e non per esprimere.
Queste parole-armi generano lapidi, perchè uccidono allo stesso modo. E la tristezza che provo nel vedere me stesso raggirato, nel vedere molte altre persone che cadono vittime dei raggiri, è molto alta. Queste nuove armi, questi giochi psicofisici di comunicazione corrotta volta a trarne un vantaggio personale, uccidono le virtù e la volontà di perseguire una retta via con retta intenzione sia in chi le adopera, sia in chi le subisce.
E' permettere a Manas, alla mente, di illudersi che la felicità sia laddove la si può conquistare calpestando gli altri o che l'utilità di farsi calpestare abbia un tornaconto che giustifichi il tacere la propria essenza-morale-virtù. Permettere a Manas di agire così è permettere il genocidio delle anime, delle coscienze, che verrebbero terminate prima della fine fisica, anima e corpo avrebbero quindi due istanti di morte diversi, in tempi separati.
martedì 10 febbraio 2009
LA SPADA DI MANAS
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A scacchi di parole si gioca,
battute, si pescan uomini,
ego male, e le esche: miraggi.
Poi
Guerre.
Son cambiati i suoni, sento
lo stesso rumori sebbene
assomiglino alla mia lingua.
Poi
Lapidi.
Son cambiati gli scenari,
oggi muoiono virtù e volontà
nei labirinti morte dei cervelli.
Il ciclo della carne è stato
strappato dalle coscienze.
Scorre
sangue
d'anime
sulle spade
di Manas.
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A scacchi di parole si gioca,
battute, si pescan uomini,
ego male, e le esche: miraggi.
Poi
Guerre.
Son cambiati i suoni, sento
lo stesso rumori sebbene
assomiglino alla mia lingua.
Poi
Lapidi.
Son cambiati gli scenari,
oggi muoiono virtù e volontà
nei labirinti morte dei cervelli.
Il ciclo della carne è stato
strappato dalle coscienze.
Scorre
sangue
d'anime
sulle spade
di Manas.
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MEMORIE - 1992
Ricordo occhi vispi e risate trattenute là vicino all'altare, piccoli, vestiti di rosso e bianco con in mano una campanella ed un braccio irrequieto, da furbi tonti. Bei tempi. Eran ancora gli anni dove la domenica aveva un valore profondo, dove si viveva la gente e gli amici della parrocchia. Erano quegli anni dove con il sorriso ci si ritrovava a far confusione sul tavolo da ping pong od ai calcetti all'oratorio, dopo la funzione, anni dove si correva un sacco all'aperto e si giocava a pallone ovunque, senza tutti quei bigotti di adesso che appena fai un salto ti legano ad una sedia per paura che ti fai male, senza tutti quei genitori d'oggi che denunciano tutti se il figlio ritorna a casa con un ginocchio sbucciato, senza tutti quei nonni che oggi disturbano poliziotti vescovi e presidenti a telefonate, allora non sapevano usare quel marchingegno, sbraitavano dalla finestra e noi, semplicemente, non li si ascoltava.
Erano gli ultimi anni delle parrocchie, prima del declino e del nulla. Oggi sarò io diverso, sicuramente, ma quei posti, mi sembra, han perso il loro fascino, la loro forza vitale, i sorrisi e la presenza di tutti, compresi quelli che andavano a messa ma erano incazzati con le istituzioni, ed oggi sembra che siano posti vuoti a parte quelle poche presenze dei conformati, di quelli ligi al dover essere l'esempio che non sono e di quelli attaccati alla tristezza di essere vecchi ed alla rabbia di non petersi più cambiare o tornare indietro.
Mi ricordo degli scherzi, di quando un nostro amico inciampò in mezzo alla chiesa con tutti i soldi delle offerte in mano, di quelle candele che solo a guardarle perdevano cera incandescente ovunque, anche sulle persone, di quelle risate che non si riuscivano a soffocare e che scoppiavano proprio nei momenti meno indicati, quelli più silenziosi, dove magari bisognava fingersi tristi o impegnati serissimi e silenziosi come una tomba, quei momenti in cui tutta la gente se ne accorge, specie se sei un chirichetto che smorzando una risata fa un verso sonoro animalesco ed imbarazzante.
Ho nostalgia di quelle domeniche, di quella gente che sembrava una grande famiglia. Mi divertivo e vivevo meglio un giorno in più a settimana. Quella semplicità era eccezionale.
Erano gli ultimi anni delle parrocchie, prima del declino e del nulla. Oggi sarò io diverso, sicuramente, ma quei posti, mi sembra, han perso il loro fascino, la loro forza vitale, i sorrisi e la presenza di tutti, compresi quelli che andavano a messa ma erano incazzati con le istituzioni, ed oggi sembra che siano posti vuoti a parte quelle poche presenze dei conformati, di quelli ligi al dover essere l'esempio che non sono e di quelli attaccati alla tristezza di essere vecchi ed alla rabbia di non petersi più cambiare o tornare indietro.
Mi ricordo degli scherzi, di quando un nostro amico inciampò in mezzo alla chiesa con tutti i soldi delle offerte in mano, di quelle candele che solo a guardarle perdevano cera incandescente ovunque, anche sulle persone, di quelle risate che non si riuscivano a soffocare e che scoppiavano proprio nei momenti meno indicati, quelli più silenziosi, dove magari bisognava fingersi tristi o impegnati serissimi e silenziosi come una tomba, quei momenti in cui tutta la gente se ne accorge, specie se sei un chirichetto che smorzando una risata fa un verso sonoro animalesco ed imbarazzante.
Ho nostalgia di quelle domeniche, di quella gente che sembrava una grande famiglia. Mi divertivo e vivevo meglio un giorno in più a settimana. Quella semplicità era eccezionale.
lunedì 9 febbraio 2009
DI QUALCHE PERCHE'
Ho tante cose in testa che devo dire. In special modo ultimamente mi sto riprendendo i miei spazi, faccio le mie scelte. Talvolta ho bisogno di provare a me stesso che posso dire di no, che posso dire di si, che posso fare ciò che non voglio, che posso non fare ciò che non voglio.
Mi riscopro padrone di me stesso, di quella piccola parte di me che decide qualcosa della mia vita. Non si può decidere tutto, ma è sbagliato credere di non poter decidere nulla.
Tuttavia oggi rido di alcune incomprensioni che chiarirò, spero, a breve.
Sto chiarendo inoltre anche alcune incomprensioni con me stesso, quello è sicuro.
Però però, c'è qualcosa che mi turba.
Forse alcuni non capiscono, o si sono dimenticati, di quello che è un blog, e di quello che è questo blog.
Non c'è un film della mia vita su queste pagine, ma ci sono solo fotografie.
Quindi non è reale pensare che le mie emozioni cambino solo quando scrivo e che tra i vari post l'emozione predominante sia l'ultima che ho scritto. Spero sia ovvio.
E sono fotografie proprio per questo.
Inoltre quando mi fotografo solitamente lo faccio per una serie di motivi. Il primo della lista è che proprio scrivendo capisco il motivo per cui scrivo, e questa è la mia piccola autoanalisi da autodidatta, il mio piccolo goffo modo di meditare, e devo dire che per ora funziona a meraviglia, mi ha sempre fatto scoprire moltissime cose di me stesso, è una sorta di osservarsi a posteriori in immagini non visive, ma emozionali.
Ora, per esempio, sto facendo proprio questo. Non mi chiedo il motivo per cui scrivo, sento che ce n'è uno e sono sicuro che lo scopro dopo, o tra qualche giorno o settimana rileggendomi, o lo sto scoprendo or ora, nel mentre.
Un altro motivo è che la carta, lo scrivere, ha una funzione di risucchio emotivo nei miei confronti. Se sto male dopo che ho scritto sto meno male, spesso sto addirittura bene, quindi ho un riscontro pratico alla cosa direi notevole. Scrivere mi cura, fotografarmi in emozioni tristi mi allevia le sofferenze, me le risucchia via, me le lascia scorrere, mi fa aprire quel pugno che tendo a chiudere con forza.
Poi devo dire che se la maggioranza del mio album fotografico che vi scrivo qui è composto da immagini tristi è anche perchè, quando sono contento, non ho necessità a scrivere, poesie soprattutto. Scrivo nei più disparati stati d'animo e i motivi per cui lo faccio sono i più diversi che cambiano volta per volta, sta il fatto che trovo statisticamente più utilità, anche questo lo scopro ora a rileggere un po' di cose, a immortalarmi in condizioni difficili, perchè mi aiuto molto in questo modo a capire me stesso osservandomi dall'esterno.
Non trovo tutta questa utilità, se non il puro piacere della letteratura e della poesia, scrivere in momenti felici, perchè non mi osservo attentamente, quando sorrido mi sono meno chiaro di quando piango, e quindi capisco meno di me stesso. Mi conosco di più dai miei difetti, dalle mie debolezze che non dai miei punti di forza. Mi conosco meglio a ragionare su quello che ho scritto a posteriori, quando mi si placa l'emozione e posso riesaminarla sotto altre prospettive. E' come mettere tanti me stessi diversi, presi in diversi stati d'animo, a lavorare alla situazione. E vi garantisco che da i suoi frutti.
Trovo più stimolo a ricercare, a capire chi sono, a partire dalle mie mancanze, dalle mie emozioni distruttive, perchè così mi è più chiaro cosa ho bisogno di cambiare di me stesso.
Del perchè lo faccio in un blog anche ne si potrebbe parlare per molto, ma non ora, perchè lo ho già fatto in parte tempo addietro, e perchè non è tema di questo post.
Ora devo ripensare un poco, vi saluto.
Mi riscopro padrone di me stesso, di quella piccola parte di me che decide qualcosa della mia vita. Non si può decidere tutto, ma è sbagliato credere di non poter decidere nulla.
Tuttavia oggi rido di alcune incomprensioni che chiarirò, spero, a breve.
Sto chiarendo inoltre anche alcune incomprensioni con me stesso, quello è sicuro.
Però però, c'è qualcosa che mi turba.
Forse alcuni non capiscono, o si sono dimenticati, di quello che è un blog, e di quello che è questo blog.
Non c'è un film della mia vita su queste pagine, ma ci sono solo fotografie.
Quindi non è reale pensare che le mie emozioni cambino solo quando scrivo e che tra i vari post l'emozione predominante sia l'ultima che ho scritto. Spero sia ovvio.
E sono fotografie proprio per questo.
Inoltre quando mi fotografo solitamente lo faccio per una serie di motivi. Il primo della lista è che proprio scrivendo capisco il motivo per cui scrivo, e questa è la mia piccola autoanalisi da autodidatta, il mio piccolo goffo modo di meditare, e devo dire che per ora funziona a meraviglia, mi ha sempre fatto scoprire moltissime cose di me stesso, è una sorta di osservarsi a posteriori in immagini non visive, ma emozionali.
Ora, per esempio, sto facendo proprio questo. Non mi chiedo il motivo per cui scrivo, sento che ce n'è uno e sono sicuro che lo scopro dopo, o tra qualche giorno o settimana rileggendomi, o lo sto scoprendo or ora, nel mentre.
Un altro motivo è che la carta, lo scrivere, ha una funzione di risucchio emotivo nei miei confronti. Se sto male dopo che ho scritto sto meno male, spesso sto addirittura bene, quindi ho un riscontro pratico alla cosa direi notevole. Scrivere mi cura, fotografarmi in emozioni tristi mi allevia le sofferenze, me le risucchia via, me le lascia scorrere, mi fa aprire quel pugno che tendo a chiudere con forza.
Poi devo dire che se la maggioranza del mio album fotografico che vi scrivo qui è composto da immagini tristi è anche perchè, quando sono contento, non ho necessità a scrivere, poesie soprattutto. Scrivo nei più disparati stati d'animo e i motivi per cui lo faccio sono i più diversi che cambiano volta per volta, sta il fatto che trovo statisticamente più utilità, anche questo lo scopro ora a rileggere un po' di cose, a immortalarmi in condizioni difficili, perchè mi aiuto molto in questo modo a capire me stesso osservandomi dall'esterno.
Non trovo tutta questa utilità, se non il puro piacere della letteratura e della poesia, scrivere in momenti felici, perchè non mi osservo attentamente, quando sorrido mi sono meno chiaro di quando piango, e quindi capisco meno di me stesso. Mi conosco di più dai miei difetti, dalle mie debolezze che non dai miei punti di forza. Mi conosco meglio a ragionare su quello che ho scritto a posteriori, quando mi si placa l'emozione e posso riesaminarla sotto altre prospettive. E' come mettere tanti me stessi diversi, presi in diversi stati d'animo, a lavorare alla situazione. E vi garantisco che da i suoi frutti.
Trovo più stimolo a ricercare, a capire chi sono, a partire dalle mie mancanze, dalle mie emozioni distruttive, perchè così mi è più chiaro cosa ho bisogno di cambiare di me stesso.
Del perchè lo faccio in un blog anche ne si potrebbe parlare per molto, ma non ora, perchè lo ho già fatto in parte tempo addietro, e perchè non è tema di questo post.
Ora devo ripensare un poco, vi saluto.
venerdì 6 febbraio 2009
CRAMPI FREQUENTI
Sono sconcertato dalla velocità con cui stringo il pugno fino a farmi male per poi riaprire la mano e respirare l'aria di pace con il palmo pieno di lividi. Ho le mie emozioni che mi si stringono nel petto come un crampo per poi allentare tutto giusto per un attimo, e la cosa accade talmente di frequente che è assurdo, surreale.
Non pensavo di poter arrivare a tanto, è particolarmente straziante.
Particolarmente.
Non pensavo di poter arrivare a tanto, è particolarmente straziante.
Particolarmente.
QUI ED ORA
Le luci della città erano già accese alle sette di sera, in quella notte precoce d'inverno. La pioggia aveva avvolto quei puntini nella vallata di un fumo umido, quasi volesse stendere un velo di opaco che amalgamasse la vita di un uomo prepotente con i colori della natura. Gli edifici scorrevano grigi e spenti al di fuori del finestrino mentre la macchina scorreva silenziosa, come su una rotaia, verso il casello dell'autostrada. L'asfalto bagnato brillava agli occhi dei fari come ricoperto di un cristallo sciolto. Sporadici odori forti di zolfo entravano nella vettura dall'esterno, attraverso l'aria spinta sul vetro per non farlo appannare, rompendo la magia di essere fuori dal mondo e riportando alla realtà di una guida sicura, consapevole. Ero al limite consentito, sui centotrenta chilometri l'ora, sulla destra.
Mi sono accorto d'un tratto che a parte qualche camion non mi accadeva da parecchia strada di superare un'altra autovettura, ma di essere io stesso superato puntualmente da bolidi che mi sfrecciavano vicini a velocità incoscienti. Sentivo lo spostamento d'aria ogni volta che un suv, una mercedes, una bmw, una di quelle macchine grosse mi davano l'impressione di essere fermo, sulla corsia di destra.
Ero sconcertato. Possibile che il mio contachilometri sia rotto? Lo riosservo: centrotrenta. Non ci sono dubbi. E la strada era bagnata, e mi vedevo io stesso scorrere i metri quasi troppo veloce. Ho spento la musica per capire meglio, mi sembrava surreale, come quando ti svegli e scopri qualcosa che stenti a credere. I pazzi ci sono sempre stati sulle strade, ma erano pochi rispetto a quelli che tenevano cara la pelle. Oggi mi sono sentito da solo a voler restare aggrappato alla vita, stretto, con forza.
Guidare è diventato un gioco alla roulette russa. Se un bolide di quelli sbaglia il millimetro si muore tutti, si lascia una vita appena cominciata e che potrebbe donare moltissimo, in dieci secondi. State attenti, viviamo su un campo di battaglia che non ha pietà, non lascia pensare dopo agli errori, dire dopo ciò che si è sempre voluto dire, vivere dopo con l'intensità che non si ha ancora avuto il coraggio di perseguire. Il "qui ed ora" ha un senso profondo che abbraccia il senso della vita.
Si vive malamente con poco coraggio, non riusciamo a seguire la strada che nitida si apre nella nostra anima perchè ci autocostringiamo in una gabbia dalle sbarre d'oro. Vivrò intensamente nel futuro, quando sarò pronto, quando avrò voglia, quando avrò tempo, quando ce ne sarà un motivo per fare la svolta, il cambiamento...Questi pensieri sono stolti. Possiamo non averne occasione, non averne il tempo. Possiamo, rimandando il "qui ed ora" nel futuro, non avere più l'opportunità per cominciare ad essere padroni di noi stessi, delle nostre scelte, vivendo l'intensità del battito consci di avere un cuore che pulsa e che un giorno non lo farà più.
Mi sono accorto d'un tratto che a parte qualche camion non mi accadeva da parecchia strada di superare un'altra autovettura, ma di essere io stesso superato puntualmente da bolidi che mi sfrecciavano vicini a velocità incoscienti. Sentivo lo spostamento d'aria ogni volta che un suv, una mercedes, una bmw, una di quelle macchine grosse mi davano l'impressione di essere fermo, sulla corsia di destra.
Ero sconcertato. Possibile che il mio contachilometri sia rotto? Lo riosservo: centrotrenta. Non ci sono dubbi. E la strada era bagnata, e mi vedevo io stesso scorrere i metri quasi troppo veloce. Ho spento la musica per capire meglio, mi sembrava surreale, come quando ti svegli e scopri qualcosa che stenti a credere. I pazzi ci sono sempre stati sulle strade, ma erano pochi rispetto a quelli che tenevano cara la pelle. Oggi mi sono sentito da solo a voler restare aggrappato alla vita, stretto, con forza.
Guidare è diventato un gioco alla roulette russa. Se un bolide di quelli sbaglia il millimetro si muore tutti, si lascia una vita appena cominciata e che potrebbe donare moltissimo, in dieci secondi. State attenti, viviamo su un campo di battaglia che non ha pietà, non lascia pensare dopo agli errori, dire dopo ciò che si è sempre voluto dire, vivere dopo con l'intensità che non si ha ancora avuto il coraggio di perseguire. Il "qui ed ora" ha un senso profondo che abbraccia il senso della vita.
Si vive malamente con poco coraggio, non riusciamo a seguire la strada che nitida si apre nella nostra anima perchè ci autocostringiamo in una gabbia dalle sbarre d'oro. Vivrò intensamente nel futuro, quando sarò pronto, quando avrò voglia, quando avrò tempo, quando ce ne sarà un motivo per fare la svolta, il cambiamento...Questi pensieri sono stolti. Possiamo non averne occasione, non averne il tempo. Possiamo, rimandando il "qui ed ora" nel futuro, non avere più l'opportunità per cominciare ad essere padroni di noi stessi, delle nostre scelte, vivendo l'intensità del battito consci di avere un cuore che pulsa e che un giorno non lo farà più.
LIVIDI
.
.
.
Pace.
Riapro la mano
e scorgo i segni, lividi
di un pugno
rimasto troppo tempo
serrato.
Mi sono fatto male
consolandomi
nel cerchio dell'odio.
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Pace.
Riapro la mano
e scorgo i segni, lividi
di un pugno
rimasto troppo tempo
serrato.
Mi sono fatto male
consolandomi
nel cerchio dell'odio.
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giovedì 5 febbraio 2009
PARENTESI POLITICA
Oggi vince chi sa parlare.
Non importa se hai ragione o meno, perchè oggi passa in secondo piano se hai commesso un reato o hai torto. Oggi l'importante è se sai parlare, se sai cosa dire al momento giusto.
Ed il momento giusto è capito con l'intelligenza, con la malizia e la perfidia spesso, non con l'anima. Io parlo di anima, ma mi sembra di essere uno dei pochi, è una parola dimenticata, che sta scritta solo nei vocabolari. E' una parola che è vecchia, passata di moda, come è passata di moda la polemica sul conflitto di interessi.
L'importante oggi è se sai parlare, al momento giusto e per fare disinformazione, senza anima, senza coscienza, e rompere, minare alla base, un ragionamento logico che porterebbe ad una deduzione scomoda.
La perfidia vince sempre.
Ma io me la inglobo col cuore, me la affogo dentro in un mare di amore.
...e continuerò a parlare come mi pare, con le mie poesie strampalate...
...almeno finchè non cambierò stile.
Non importa se hai ragione o meno, perchè oggi passa in secondo piano se hai commesso un reato o hai torto. Oggi l'importante è se sai parlare, se sai cosa dire al momento giusto.
Ed il momento giusto è capito con l'intelligenza, con la malizia e la perfidia spesso, non con l'anima. Io parlo di anima, ma mi sembra di essere uno dei pochi, è una parola dimenticata, che sta scritta solo nei vocabolari. E' una parola che è vecchia, passata di moda, come è passata di moda la polemica sul conflitto di interessi.
L'importante oggi è se sai parlare, al momento giusto e per fare disinformazione, senza anima, senza coscienza, e rompere, minare alla base, un ragionamento logico che porterebbe ad una deduzione scomoda.
La perfidia vince sempre.
Ma io me la inglobo col cuore, me la affogo dentro in un mare di amore.
...e continuerò a parlare come mi pare, con le mie poesie strampalate...
...almeno finchè non cambierò stile.
mercoledì 4 febbraio 2009
LA PENA
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Vomiti di parole s'accozzano.
Brodo di cane, latrine
aspetto e schiacciato
da una suola di gomma lercia.
Asfissia odore, respiro forte
per trovar l'ossigeno perduto.
Mostro baratro d'agonia
pazzia
schivo vacillo, mi scrollo
insetti,
cinture d'odio oblio
crollo.
Voci, voglia di soffocare.
Catena lega, caviglia
del cuore
non si muove,
tagliola.
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Vomiti di parole s'accozzano.
Brodo di cane, latrine
aspetto e schiacciato
da una suola di gomma lercia.
Asfissia odore, respiro forte
per trovar l'ossigeno perduto.
Mostro baratro d'agonia
pazzia
schivo vacillo, mi scrollo
insetti,
cinture d'odio oblio
crollo.
Voci, voglia di soffocare.
Catena lega, caviglia
del cuore
non si muove,
tagliola.
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Etichette:
POESIE NEL SANGUE
NONNI
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Mi guardi e ti rivedi
Giovane, forte.
E Pianto,
pensando a te,
Passato, com’eri.
Ed oggi, fragilità corpo
Che non segue,
le tue mani
non sanno più fare.
Oggi vicino alla terra
sudi legato là dentro,
a ciò che si trasforma.
Oggi hai tempo di un congedo
Lento con la vita,
tuffo in acqua memorie
prima che affondino.
Oggi rivivi
Negli occhi dei figli,
dei nipoti,
amore di forza ruggente
più di quanto conceda un cuore.
Vicino alle porte delle stelle
L’aura saggia irradia.
.
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Mi guardi e ti rivedi
Giovane, forte.
E Pianto,
pensando a te,
Passato, com’eri.
Ed oggi, fragilità corpo
Che non segue,
le tue mani
non sanno più fare.
Oggi vicino alla terra
sudi legato là dentro,
a ciò che si trasforma.
Oggi hai tempo di un congedo
Lento con la vita,
tuffo in acqua memorie
prima che affondino.
Oggi rivivi
Negli occhi dei figli,
dei nipoti,
amore di forza ruggente
più di quanto conceda un cuore.
Vicino alle porte delle stelle
L’aura saggia irradia.
.
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POESIE NEL SANGUE
lunedì 2 febbraio 2009
SENSI, FILOSOFIA, ARTE
Stavo pensando ad un argomento strettamente concettuale-filosofico che applico alla concezione di bellezza e di arte da parte dell'uomo.
Pensavo che l'uomo, oggi, nel "giudicare" con i 5 sensi un "oggetto dei sensi" possa trovarsi di fronte a tale situazione:
1 "oggetto" bello e lo giudica bello
2 "oggetto" bello e lo giudica brutto
3 "oggetto" brutto e lo giudica bello
4 "oggetto" brutto e lo giudica brutto
Innanzitutto permettetemi di usare le parole "bello" e "brutto" un poco a sproposito, non focalizzatevi sulla semantica e sul suo uso improprio bensì accettatene l'uso che volgarmente si può fare di bello e brutto.
Ciò che vorrei farvi notare è che nel primo e quarto caso l'uomo è "desto" e riconosce la risposta sensoriale quale essa deve essere "ancestralmente".
Premetto a questo discorso che credo che il "senso" derivi da quella parte dell'uomo che lo aiuta a vivere-sopravvivere.
Faccio l'esempio del gusto:
naturalmente i cibi amari sono i velenosi, metre gli acidi sono i tossici.
Non sarebbe quindi un caso che l'uomo abbia una "predisposizione" per il dolce, trova appagamento nel senso, piacere nel senso, quando "naturalmente" lo soddisfa in armonia con la creazione, con la naturale tendenza.
Esempio: diamo l'estratto più amaro della radice di genziana più amara ad una persona e vediamo se capisce che è effettivamente una cosa immangiabile.
Nei casi due e tre, ossia quando l'uomo giudica male, ci troviamo di fronte ad una incapacità dell'uomo di ascoltare il senso stesso il che può derivare da:
- una causa fisiologica: è sordo, è cieco...
- una causa mentale: è condizionato in un verso piuttosto che nell'altro.
Esempio: Un vino andato in aceto può essere valutato positivamente da chi, al momento della stappatura della bottiglia, ha talmente aspettative sul vino, vuoi perchè l'ha pagato tantissimo, vuoi perchè molte riviste ne parlano, vuoi perchè è stato premiato, da congelare il senso e basarsi solo sull'aspettativa mentale. (se scoprisse che è possibile un problema dei tappi che uno su un miglione dico, così a titolo d'esempio, fa passare una marea di aria che basta a farlo ossidare ad aceto, forse presterebbe più attenzione a quello che mangia e capirebbe che il mal di pancia che ha avuto poi non è dovuto alla cucina troppo pesante del ristorante...)
Vorrei provare ad estendere il ragionamento anche agli altri sensi.
Effettivamente la vista del "sangue" o di un omicidio è una cosa innaturale e potrebbe essere interpretata male da chi ha un "condizionamento" od un problema fisiologico?
Può una cosa particolarmente ruvida piacere naturalmente?
Può un pugno in un occhio essere ben accetto?
Può piacere l'uva immatura altamente acida?
Può piacere un rumore di un treno che ci passa in corsa a meno di un metro?
Può piacere lo scoppio forte di un petardo, il rumore di un mocrofono appoggiato con il volume al massimo sulla cassa dell'amplificatore?
Può piacere l'odore pungente di fogna?
Effettivamente sono cose un poco innaturali, estreme.
Però fanno pensare.
Vivere nelle fogne porta malattie...Un rumore troppo forte farebbe scoppiare i timpani, o avviserebbe di un pericolo come nel caso del treno, l'uva acida non è commestibile, un pugno fa male, ci può rompere qualche osso o causare danni alla vista, una parte ruvida ci potrebbe "escoriare"...
Esistono condizionamenti che fanno percepire queste innaturalezze come bellezze?
E qui c'è molto da dire, molto di cui parlare.
Molto.
Inoltre faccio presente il caso in cui l'innaturalezza non è così innaturale, ma solamente molto originale, e quindi potrebbe in virtù essere "bella" e mal interpretata.
Ora la mia domanda finale con la quale voglio lasciarvi è:
Come classificate l'arte moderna?
Il nuovo modo di fare musica, scultura, quadri... l'arte in genere, cibo e bevande compresi? Le tendenze contemporanee?
Io credo dovremmo passare al setaccio tutto quanto oggi è sotto il nome di arte.
Credo che la strada che abbiamo preso sia una sorta di "tutela" contro un errore statistico.
Vi spiego meglio.
I casi due e tre sono opposti:
2) oggetto bello giudicato brutto
3) oggetto brutto giudicato bello
Se il numero due è l'errore di tipo alfa ed il numero tre è l'errore di tipo beta, ragionando in termini statistici potrebbero essere complementari. Spostando la soglia da un estremo all'altro si minimizza il rischio di incorrere in un errore piuttosto che nell'altro.
Ossia facendo un esempio:
Facendo questo discorso per l'arte credo che per non rischiare incorrere nell'errore di tipo alfa, ossia di "gettare" nel bidone della spazzatura l'arte "bella" giudicandola brutta, si tende ad amplificare l'errore beta, ad accettare il brutto credendolo bello, condizionandosi oltremodo.
Qual è il dramma?
Il problema dell'arte di oggi:
troppa spazzatura indegna di occupare musei, musica indegna di essere chiamata tale eccetera...
Ed allora in questa confusione la gente non sa più ascoltare i propri sensi, e capire cosa è effettivamente "bello" ed apprezzarlo. Vi sono oggetti d'arte moderna (comprendo tutto, dalla musica alle sculture...) che pur essendo stranissimi sono originalissimi e se capiti sono belli sul serio. Molti di questi oggetti sono percepiti belli anche a pelle, a "prima vista", strani ma belli che se raccontati diventano stupendi. Interpretabili, affascinanti, emozionanti...
(l'esempio che potrei citare è kandinsky, senti che è un bel quadro ma non lo capisci. Eppure ti attrae, senti che ha un qualcosa sotto che ti affascina. Può non piacere, perchè si può essere condizionati e abituati ai paesaggi semplici e reali delle fotografie. E lo strano, il nuovo, incute timore, difficoltà di essere accettato (condizionamento). L'altro esempio sono le avanguardie contemporanee della musica elettronica. Io penso che l'innaturalezza ed il fastidio vero di quei suoni non sia degno di essere chiamato arte. Eppure c'è chi apprezza le "musiche" solo mentalmente, ne apprezza l'idea originale, non il fatto se sia piacevole anche sensorialmente)
Io sarei più per un ritorno alla sincerità e comunione con i nostri sensi, metodo che troverei più logico e soprattutto come buon strumento per creare Arte con la A maiuscola, per capire ciò che un'idea può contenere di originale e ciò che può contenere di innaturale, e quindi fondere insieme originalità con naturalezza creando l'opera, creando ciò che è destinato a passare alla storia.
Pensavo che l'uomo, oggi, nel "giudicare" con i 5 sensi un "oggetto dei sensi" possa trovarsi di fronte a tale situazione:
1 "oggetto" bello e lo giudica bello
2 "oggetto" bello e lo giudica brutto
3 "oggetto" brutto e lo giudica bello
4 "oggetto" brutto e lo giudica brutto
Innanzitutto permettetemi di usare le parole "bello" e "brutto" un poco a sproposito, non focalizzatevi sulla semantica e sul suo uso improprio bensì accettatene l'uso che volgarmente si può fare di bello e brutto.
Ciò che vorrei farvi notare è che nel primo e quarto caso l'uomo è "desto" e riconosce la risposta sensoriale quale essa deve essere "ancestralmente".
Premetto a questo discorso che credo che il "senso" derivi da quella parte dell'uomo che lo aiuta a vivere-sopravvivere.
Faccio l'esempio del gusto:
naturalmente i cibi amari sono i velenosi, metre gli acidi sono i tossici.
Non sarebbe quindi un caso che l'uomo abbia una "predisposizione" per il dolce, trova appagamento nel senso, piacere nel senso, quando "naturalmente" lo soddisfa in armonia con la creazione, con la naturale tendenza.
Esempio: diamo l'estratto più amaro della radice di genziana più amara ad una persona e vediamo se capisce che è effettivamente una cosa immangiabile.
Nei casi due e tre, ossia quando l'uomo giudica male, ci troviamo di fronte ad una incapacità dell'uomo di ascoltare il senso stesso il che può derivare da:
- una causa fisiologica: è sordo, è cieco...
- una causa mentale: è condizionato in un verso piuttosto che nell'altro.
Esempio: Un vino andato in aceto può essere valutato positivamente da chi, al momento della stappatura della bottiglia, ha talmente aspettative sul vino, vuoi perchè l'ha pagato tantissimo, vuoi perchè molte riviste ne parlano, vuoi perchè è stato premiato, da congelare il senso e basarsi solo sull'aspettativa mentale. (se scoprisse che è possibile un problema dei tappi che uno su un miglione dico, così a titolo d'esempio, fa passare una marea di aria che basta a farlo ossidare ad aceto, forse presterebbe più attenzione a quello che mangia e capirebbe che il mal di pancia che ha avuto poi non è dovuto alla cucina troppo pesante del ristorante...)
Vorrei provare ad estendere il ragionamento anche agli altri sensi.
Effettivamente la vista del "sangue" o di un omicidio è una cosa innaturale e potrebbe essere interpretata male da chi ha un "condizionamento" od un problema fisiologico?
Può una cosa particolarmente ruvida piacere naturalmente?
Può un pugno in un occhio essere ben accetto?
Può piacere l'uva immatura altamente acida?
Può piacere un rumore di un treno che ci passa in corsa a meno di un metro?
Può piacere lo scoppio forte di un petardo, il rumore di un mocrofono appoggiato con il volume al massimo sulla cassa dell'amplificatore?
Può piacere l'odore pungente di fogna?
Effettivamente sono cose un poco innaturali, estreme.
Però fanno pensare.
Vivere nelle fogne porta malattie...Un rumore troppo forte farebbe scoppiare i timpani, o avviserebbe di un pericolo come nel caso del treno, l'uva acida non è commestibile, un pugno fa male, ci può rompere qualche osso o causare danni alla vista, una parte ruvida ci potrebbe "escoriare"...
Esistono condizionamenti che fanno percepire queste innaturalezze come bellezze?
E qui c'è molto da dire, molto di cui parlare.
Molto.
Inoltre faccio presente il caso in cui l'innaturalezza non è così innaturale, ma solamente molto originale, e quindi potrebbe in virtù essere "bella" e mal interpretata.
Ora la mia domanda finale con la quale voglio lasciarvi è:
Come classificate l'arte moderna?
Il nuovo modo di fare musica, scultura, quadri... l'arte in genere, cibo e bevande compresi? Le tendenze contemporanee?
Io credo dovremmo passare al setaccio tutto quanto oggi è sotto il nome di arte.
Credo che la strada che abbiamo preso sia una sorta di "tutela" contro un errore statistico.
Vi spiego meglio.
I casi due e tre sono opposti:
2) oggetto bello giudicato brutto
3) oggetto brutto giudicato bello
Se il numero due è l'errore di tipo alfa ed il numero tre è l'errore di tipo beta, ragionando in termini statistici potrebbero essere complementari. Spostando la soglia da un estremo all'altro si minimizza il rischio di incorrere in un errore piuttosto che nell'altro.
Ossia facendo un esempio:
Facendo questo discorso per l'arte credo che per non rischiare incorrere nell'errore di tipo alfa, ossia di "gettare" nel bidone della spazzatura l'arte "bella" giudicandola brutta, si tende ad amplificare l'errore beta, ad accettare il brutto credendolo bello, condizionandosi oltremodo.
Qual è il dramma?
Il problema dell'arte di oggi:
troppa spazzatura indegna di occupare musei, musica indegna di essere chiamata tale eccetera...
Ed allora in questa confusione la gente non sa più ascoltare i propri sensi, e capire cosa è effettivamente "bello" ed apprezzarlo. Vi sono oggetti d'arte moderna (comprendo tutto, dalla musica alle sculture...) che pur essendo stranissimi sono originalissimi e se capiti sono belli sul serio. Molti di questi oggetti sono percepiti belli anche a pelle, a "prima vista", strani ma belli che se raccontati diventano stupendi. Interpretabili, affascinanti, emozionanti...
(l'esempio che potrei citare è kandinsky, senti che è un bel quadro ma non lo capisci. Eppure ti attrae, senti che ha un qualcosa sotto che ti affascina. Può non piacere, perchè si può essere condizionati e abituati ai paesaggi semplici e reali delle fotografie. E lo strano, il nuovo, incute timore, difficoltà di essere accettato (condizionamento). L'altro esempio sono le avanguardie contemporanee della musica elettronica. Io penso che l'innaturalezza ed il fastidio vero di quei suoni non sia degno di essere chiamato arte. Eppure c'è chi apprezza le "musiche" solo mentalmente, ne apprezza l'idea originale, non il fatto se sia piacevole anche sensorialmente)
Io sarei più per un ritorno alla sincerità e comunione con i nostri sensi, metodo che troverei più logico e soprattutto come buon strumento per creare Arte con la A maiuscola, per capire ciò che un'idea può contenere di originale e ciò che può contenere di innaturale, e quindi fondere insieme originalità con naturalezza creando l'opera, creando ciò che è destinato a passare alla storia.
domenica 1 febbraio 2009
SII FORTE
.
.
.
Sii forte.
Non so cosa vuol dire.
Io danzo
sulla musica della vita.
Quando essa è triste
io ballo con le lacrime
agli occhi, diga sfondata.
Ti ricordi di quel jazz
assaporato
con un bicchiere
di vino unico,
e le nostre anime
che si dondolavano
assieme, sorridenti?
Ti rendi conto
che tutto è passato?
Io no.
E quando ci penso
danzo sanguinando.
Vivo nel presente,
ma da sonnambulo
ancora, inconsciamente.
Riuscirò a stringere
tra le braccia
qualcun'altra?
Non credo,
ma la vita
mi ha sbattuto in faccia
questa realtà,
bisogna andare avanti.
Non capisco
se la vita è complicata
o è la cosa
più semplice
che ci sia.
Respiro il presente,
ma la mia anima
visita spesso
i nostri ricordi.
Ricomincerò
a vivere,
cercando di nuovo
i motivi
per sorridere.
Sii Forte.
.
.
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Sii forte.
Non so cosa vuol dire.
Io danzo
sulla musica della vita.
Quando essa è triste
io ballo con le lacrime
agli occhi, diga sfondata.
Ti ricordi di quel jazz
assaporato
con un bicchiere
di vino unico,
e le nostre anime
che si dondolavano
assieme, sorridenti?
Ti rendi conto
che tutto è passato?
Io no.
E quando ci penso
danzo sanguinando.
Vivo nel presente,
ma da sonnambulo
ancora, inconsciamente.
Riuscirò a stringere
tra le braccia
qualcun'altra?
Non credo,
ma la vita
mi ha sbattuto in faccia
questa realtà,
bisogna andare avanti.
Non capisco
se la vita è complicata
o è la cosa
più semplice
che ci sia.
Respiro il presente,
ma la mia anima
visita spesso
i nostri ricordi.
Ricomincerò
a vivere,
cercando di nuovo
i motivi
per sorridere.
Sii Forte.
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