Ho freddo alle punta delle dita. Respiro. Questo vento mi taglia nel collo la forza che scema dalla spina dorsale mentre gli occhi mi si irritano di un rosso rigato. Raffreddore. Ho passato alcune ore in un fruttaio d'essicazione nel periodo sbagliato, era freddo, ed io avevo la giacca in macchina. Da mona. Sono consapevole di alcuni miei movimenti involontari, li correggo a mano a mano, paziente, come un padre che educa il figlio viziato dirigo l'abitudine sbagliata del mio corpo verso la meta. Non ho più l'ansia forte sullo sterno, oggi so di avere tempo, respiro il mio tempo a pieni polmoni, mi lascio il tempo di migliorare e di fare i miei passi.
Tempo, cos'è poi il tempo?
Capita che ogni tanto guardandomi mi veda diversi passi indietro rispetto ai miei compagni, mi scopro zoppo o bendato, condizionato o inibito, debole o goffo... Riguardo al mio passato con gli occhi di chi difficilmente accetta ciò che è stato, mi vedo bambino, basta andare indietro a qualche anno fa ed ero una persona diversa, composta di una forma psicofisica che oggi rifiuto, respingo. Forse è perchè rifiutando quello che ero affermo ciò che sono oggi, ne saggio le differenze, le esalto. Mi costruisco sulla negazione di quello che sono stato, però facendo così rifiuto anche il me stesso di oggi, perchè cresce sull'insoddisfazione, poggio i piedi nel mio cammino su delle insidiose sabbie mobili, senza una meta ben precisa.
Oggi ho voglia di pensare. Ho voglia di scrivere i miei pensieri. No. A dire il vero oggi ho voglia di scrivere i miei pensieri per svuotarli, ed arrivare a non pensare. Un altro momento di silenzio vero dentro alla mia testa. Non ho voglia di sprecare energie muovendo passi a casaccio. Le mosche e gli insetti non si muovono mai volando verso una direzione in linea retta, ma continuano a spezzare il volo in tutte le direzioni, a random. E' la sommatoria delle distanze percorse nello spazio che determina la direzione finale dell'insetto, e ogni tanto mi sento un loro simile in questo modo di viaggiare pazzo verso una meta, che sia una crescita, forse, oppure una verità. E' quando non si sa cosa si cerca che si prende una direzione qualsiasi, anche opposta, la si percorre per qualche tempo, si capisce che è sbagliata, e ne si prende un'altra a caso e così via, finchè non si imbocca una direzione più corretta, la si mantiene per un tempo un po' più lungo, ma poi per distrazione, per fatica, per altri interessi, la si ricambia di nuovo. Così negli anni si fanno solo piccoli passi nella direzione voluta, si cresce come esseri umani troppo lentamente nemmeno sapendo di voler crescere, nemmeno sapendo cosa si desidera, da sciocchi. Il volo della mosca non fa per me, devo cambiare sistema. Voglio volare da rondine, punto quel cazzo di posto dove voglio andare, ne traccio una linea retta nell'aria e la seguo, migro là senza deviazioni. Tac. Semplicissimo. Quello è il volo che voglio fare e che mi permetterà di coprire determinate distanze, vedere alcuni posti, cambiare clima, edificare l'anima come un muratore coscienzioso e paziente che fa una casa, giorno dopo giorno, costantemente. 500 Anni non sono tempi che posso permettermi per costruire qualcosa. Non vivrò sicuramente abbastanza. Occorre cambiare metodo. Cominciare un progetto nuovo, non cambiare più direzione, ecco quello che devo fare. Bisogna sicuramente aver chiara la direzione ed avere la certezza che sia quella giusta, non costruire sul letto di un fiume vuoto, che quando arriva la tempesta spazza via tutto. Ma penso di aver già trovato la collina giusta, ho anche le materie prime, i miei strumenti. Oggi devo solo fare, cominciare dalle fondamenta, un bello scavo, rimuovere un po' di roba vecchia ed impilare saldi mattoni.
E' da quando ero piccolo che amavo imparare. Ogni volta che acquisivo una conoscenza gioivo semplice, mi riempiva sentirmi crescere, arrivare ad un nuovo "skill level", qualunque esso fosse. Concentravo le mie energie per imparare uno sport, un passo di ballo, un gioco di carte, un concetto di qualche materia scolastica o altro. Da qualche anno in quà avevo dimenticato quella gioia. Prima cominciai a concentrare le energie in elementi sempre più futili, poi non concentravo più nulla, nessun passo. Fermo. Staticità assoluta. Stavo morendo.
Ho fatto un discorso ultimamente con dei miei amici sullo sport, ma che si può applicare penso un po' a tutto, ed era molto interessante. Sostanzialmente abbiamo constatato quanta gioia si provi a fare dei progressi dopo che si comincia con una attività. Le energie che si devono spendere per fare dei passi, per apprendere, vengono subito appagate dai risultati.
I primi gradini si salgono in fretta, si ottengono grandi soddisfazioni in poco tempo. Però quella che si sale non è mai una scala normale. Mano a mano che si va verso l'alto l'aria diventa più rarefatta e lo sforzo è sempre maggiore per fare lo stesso gradino. A volte pure i gradini diventano più alti, ci si impiega più tempo per fare un singolo passo, ci si impiega più tempo per fare un singolo progresso, a volte ci si impiega tanto tempo solo per stare sullo stesso gradino in equilibrio e non ricadere su quello prima. Spesso è il punto in cui si molla e si cambia attività o sport che sia.
Probabilmente è la gioia del vedersi migliorare, del sentirsi crescere che sprona, però sovente è una gioia frivola, della serie voglio tutto e subito, e si sopporta quindi la fatica e la frustrazione della scalata solo fino ad un punto di rottura, in cui la forza di volontà viene meno. Ho capito che avendo degli strumenti adatti quella fatica, quella frustrazione diventa sopportabile. Pur avendo la stessa strada da percorrere mi si ampliano le possibilità, mi si ampliano i gradini raggiungibili, la strada percorribile, la fatica di un ulteriore passo diventa sempre più piccola, o per lo meno non cresce mai.
Sto rendendo più rettilineo il volo della mosca.
Tempo, cos'è poi il tempo?
Capita che ogni tanto guardandomi mi veda diversi passi indietro rispetto ai miei compagni, mi scopro zoppo o bendato, condizionato o inibito, debole o goffo... Riguardo al mio passato con gli occhi di chi difficilmente accetta ciò che è stato, mi vedo bambino, basta andare indietro a qualche anno fa ed ero una persona diversa, composta di una forma psicofisica che oggi rifiuto, respingo. Forse è perchè rifiutando quello che ero affermo ciò che sono oggi, ne saggio le differenze, le esalto. Mi costruisco sulla negazione di quello che sono stato, però facendo così rifiuto anche il me stesso di oggi, perchè cresce sull'insoddisfazione, poggio i piedi nel mio cammino su delle insidiose sabbie mobili, senza una meta ben precisa.
Oggi ho voglia di pensare. Ho voglia di scrivere i miei pensieri. No. A dire il vero oggi ho voglia di scrivere i miei pensieri per svuotarli, ed arrivare a non pensare. Un altro momento di silenzio vero dentro alla mia testa. Non ho voglia di sprecare energie muovendo passi a casaccio. Le mosche e gli insetti non si muovono mai volando verso una direzione in linea retta, ma continuano a spezzare il volo in tutte le direzioni, a random. E' la sommatoria delle distanze percorse nello spazio che determina la direzione finale dell'insetto, e ogni tanto mi sento un loro simile in questo modo di viaggiare pazzo verso una meta, che sia una crescita, forse, oppure una verità. E' quando non si sa cosa si cerca che si prende una direzione qualsiasi, anche opposta, la si percorre per qualche tempo, si capisce che è sbagliata, e ne si prende un'altra a caso e così via, finchè non si imbocca una direzione più corretta, la si mantiene per un tempo un po' più lungo, ma poi per distrazione, per fatica, per altri interessi, la si ricambia di nuovo. Così negli anni si fanno solo piccoli passi nella direzione voluta, si cresce come esseri umani troppo lentamente nemmeno sapendo di voler crescere, nemmeno sapendo cosa si desidera, da sciocchi. Il volo della mosca non fa per me, devo cambiare sistema. Voglio volare da rondine, punto quel cazzo di posto dove voglio andare, ne traccio una linea retta nell'aria e la seguo, migro là senza deviazioni. Tac. Semplicissimo. Quello è il volo che voglio fare e che mi permetterà di coprire determinate distanze, vedere alcuni posti, cambiare clima, edificare l'anima come un muratore coscienzioso e paziente che fa una casa, giorno dopo giorno, costantemente. 500 Anni non sono tempi che posso permettermi per costruire qualcosa. Non vivrò sicuramente abbastanza. Occorre cambiare metodo. Cominciare un progetto nuovo, non cambiare più direzione, ecco quello che devo fare. Bisogna sicuramente aver chiara la direzione ed avere la certezza che sia quella giusta, non costruire sul letto di un fiume vuoto, che quando arriva la tempesta spazza via tutto. Ma penso di aver già trovato la collina giusta, ho anche le materie prime, i miei strumenti. Oggi devo solo fare, cominciare dalle fondamenta, un bello scavo, rimuovere un po' di roba vecchia ed impilare saldi mattoni.
E' da quando ero piccolo che amavo imparare. Ogni volta che acquisivo una conoscenza gioivo semplice, mi riempiva sentirmi crescere, arrivare ad un nuovo "skill level", qualunque esso fosse. Concentravo le mie energie per imparare uno sport, un passo di ballo, un gioco di carte, un concetto di qualche materia scolastica o altro. Da qualche anno in quà avevo dimenticato quella gioia. Prima cominciai a concentrare le energie in elementi sempre più futili, poi non concentravo più nulla, nessun passo. Fermo. Staticità assoluta. Stavo morendo.
Ho fatto un discorso ultimamente con dei miei amici sullo sport, ma che si può applicare penso un po' a tutto, ed era molto interessante. Sostanzialmente abbiamo constatato quanta gioia si provi a fare dei progressi dopo che si comincia con una attività. Le energie che si devono spendere per fare dei passi, per apprendere, vengono subito appagate dai risultati.
I primi gradini si salgono in fretta, si ottengono grandi soddisfazioni in poco tempo. Però quella che si sale non è mai una scala normale. Mano a mano che si va verso l'alto l'aria diventa più rarefatta e lo sforzo è sempre maggiore per fare lo stesso gradino. A volte pure i gradini diventano più alti, ci si impiega più tempo per fare un singolo passo, ci si impiega più tempo per fare un singolo progresso, a volte ci si impiega tanto tempo solo per stare sullo stesso gradino in equilibrio e non ricadere su quello prima. Spesso è il punto in cui si molla e si cambia attività o sport che sia.
Probabilmente è la gioia del vedersi migliorare, del sentirsi crescere che sprona, però sovente è una gioia frivola, della serie voglio tutto e subito, e si sopporta quindi la fatica e la frustrazione della scalata solo fino ad un punto di rottura, in cui la forza di volontà viene meno. Ho capito che avendo degli strumenti adatti quella fatica, quella frustrazione diventa sopportabile. Pur avendo la stessa strada da percorrere mi si ampliano le possibilità, mi si ampliano i gradini raggiungibili, la strada percorribile, la fatica di un ulteriore passo diventa sempre più piccola, o per lo meno non cresce mai.
Sto rendendo più rettilineo il volo della mosca.
1 commento:
Amico mio, visito volentieri la tua terra.
Ti vedo in cordata nella Pratica, osservo la tua fatica, le tue cadute, ma anche la tua volontà, il tuo impegno, i tuoi risultati ed il sorriso che vi nasce, un sorriso che illumina il tuo volto.
Nella Tradizione Sufi i sadhaka sperimentano a lungo una Pratica interna che si rifà alla Legge del Tre: tale Pratica conduce alla realizzazione di questo Principio: AFFERMARE - NEGARE - CONCILIARE.
Per il momento rifletti su ciò...
Appartiene al tuo Percorso...
Difendi dai venti la Fiamma Sacra che, ora, vive nel tuo cuore.
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