lunedì 4 gennaio 2010

LA MONTAGNA

Fratello.
Mi rivedo in te.
Mi rivedo insicuro e dubbioso come ero.
Mi rivedo in te improvvisato camminatore, lungo il sentiero di montagna, quando in fila indiana dietro alla guida mi inciampavo, avevo paura e mi sembrava che non esistesse cima o vetta, mi sembrava che rimanessi sempre tra i sassi, su quel sentiero ripido e scomodo...
Come mi sembrava scomodo quel sentiero!
Mi trovavo là, in preda ai venti, al freddo, alla paura di cadere, alla paura di rimanere solo...
Avevo paura di rimanere solo Fratello, semplicemente solo.
Quella compagnia di allegri scalatori era una famiglia, un calore che non avevo mai provato, una vicinanza che forse solo è condivisa tra chi sopporta le stesse fatiche, tra chi supera gli stessi ostacoli e vince le stesse paure nei sentieri più impervi delle montagne.
Eravamo assieme, lassù, e questo mi bastava.
Perchè non mi importava della montagna, ne della vetta, volevo solo il calore degli altri Fratelli.
E la guida...
...era un grande, si. Non c'era dubbio. Però a volte sembrava tornassimo indietro lungo i crestoni, sembrava volesse nascondere alcuni errori e che ritornassimo indietro attraverso altre strade che mi parevano parallele di qualche decina di metri più sopra di quelle fatte poco prima.
Mi sembrava una guida incerta, come se a volte avesse saputo perfettamente il sentiero giusto mentre altre l'avesse completamente scordato.
Mi faceva paura un poco, ed ero dubbioso, ma fugavo le mie incertezze tra gli abbracci dei miei Fratelli e seguivo la carovana perché seguivo il suo odore, la sua fragranza tra i sassi di quella montagna così impervia ed austera che pareva la più inospitale, la più difficile da scalare.
Quando ci ritrovavamo particolarmente esposti, in un punto in cui eravamo stretti stretti su di uno strapiombo altissimo, maledicevo di essere là, e mi chiedevo come avevo potuto non scegliere di restare a casa, al caldo ed al sicuro.
Poi, d'un tratto, accadde.
C'era nebbia quel giorno mi ricordo, ed in un punto particolarmente difficile, dove si doveva scalare per qualche metro e poi svoltare al bivio seguente, io mi persi. Ero rimasto impigliato e gli altri sembravano scomparsi, non vedevo lontano e presi a chiamarli troppo tardi.
Sbagliai quindi il bivio e mi diressi verso valle un poco sull'altro sentiero, finché non giunsi qualche ora dopo ad un rifugio. Era colmo di gente.
Era connesso alla vallata sottostante perché mi accorsi che poco più in là una funivia era collegata e funzionante con il paese in fondovalle e trasportava gente avanti ed indietro da quel posto così alto e remoto che mi sembrava impossibile.
Quel posto annusava di casa, di comodità e cibi caldi, di persone e di turisti, di vin brulè e polenta.
Mi siesi sulla panca e feci amicizia con quella gente, e per qualche giorno fui ospite del rifugio e bevvi ogni sera cantando in allegria.
Non ero più solo, e questo per la seconda volta.
Si poteva stare allora al caldo, al sicuro, comodo, e vivere sereno ed in allegria senza rischiare su quei sentieri perigliosi. Decisi di rimanere al rifugio, e trovai lavoro come cameriere.
Non era proprio come restare a casa, perchè vivevo comunque in alta montagna, ma il clima era turistico, e molte erano le persone che a mio parere non si accorgevano della purezza dell'aria di lassù, molta la gente che veniva e che sembrava disprezzare la montagna, o non amarla proprio, o fingere di amarla. Cominciai a provare un certo fastidio perchè quel clima mi innervosiva.
Cominciai a fare alcune camminate da solo nelle ore libere che mi restavano per allontanarmi dal rifugio ed immergermi solo nella montagna, per cercare il silenzio che avevo provato in passato e che non mi ero gustato, e di cui ora avevo bisogno.
Mi accorsi col passare dei giorni che avevo sempre più bisogno di allontanarmi dal rifugio ed addentrarmi sempre più in luoghi più isolati della montagna, e volli un giorno riprendere il cammino verso la vetta, perchè fui conscio in quel secondo, che ricorderò tutta la vita, di amare la montagna e di sentirne il forte richiamo.
Salutai quelle persone, mi presi sulle spalle lo zaino e ripartii, percorrendo il sentiero a ritroso, ritornando al punto in cui mi persi quella notte. Mentre ritornavo sui miei passi mi commossi a ripensare ai miei vecchi amici, e soprattutto alla nostra guida.
Capii per la prima volta in vita mia cosa aveva fatto quel furbo di un vecchio, sotto il mio naso, a mia insaputa: mi aveva trasmesso la passione per la montagna. Un regalo che mi aprì gli occhi e che mi cambiò la vita, che mi donò l'Amore per l'aria, la fatica ed il sudore, il sentiero percorso e non sorvolato con la seggiovia, l'Amore per il silenzio della montagna ed il canto del vento.
Ora avrei potuto camminare convinto, sicuro, con la grinta di chi vuole arrivare alla vetta.
Ma non sapevo la strada, avevo bisogno della mia Guida.
I miei Fratelli però sarebbero stati solo un regalo in più su quel cammino e non più l'unico motivo per sopportare la fatica, il sudore e la sofferenza del freddo, dei calli ai piedi e delle sbucciature quando si inciampa. Ora avrei deciso anche senza i miei Fratelli quella strada, perché era quella che desideravo percorrere, era la strada della mia nuova passione.
Era pomeriggio inoltrato e mi muovevo veloce verso il bivio, e ritrovai la strada anche se cominciava ad imbrunire ed era passato del tempo da quella notte nebbiosa in cui mi persi. Ero solo ma nel cuore provavo una grande gioia e commozione al solo pensiero che avrei potuto ritrovarli tutti, forse, lungo la Via.
E fù così che al bivio vidi la Guida che mi aspettava sorridendo.
Piansi.
Da quanto tempi mi stava aspettando?
In quel momento capii tutto e piansi forte, apertamente.
Era da Sempre che Ella mi aspettava, era semplicemente da Sempre.
Da molto prima di averla conosciuta forse.
Ella trasmetteva la passione della montagna a chi avesse avuto anche solo un piccolo spazio dove poter piantare quel seme. Ella piantava semi, ecco cosa faceva. Ed aveva piantato il mio senza che me ne fossi accorto. E compresi in un istante che il sentiero non era poi così scomodo, che non c'era poi così freddo ne che era stato così pericoloso e che non si aveva mai sbagliato strada nemmeno una volta ma che tutto doveva accadere proprio nel modo che fù.
Così compresi, rimettendomi in cammino e riabbracciando i miei Fratelli, che rividi quella stessa notte, che il sentiero lungo la montagna era solo un posto come un altro dove si poteva decidere di vivere, che sembrava austero e inospitale ma che conservava una bellezza ed un silenzio incommensurabili svelati solo agli occhi di chi sa Guardare, e che il raggiungere la vetta veloci veloci, per poi ritornare a casa al sicuro ed al caldo, era solo un'illusione, che non mi avrebbe permesso di gustare anche il cammino, ed il tutto e d il durante ed i fiori lungo il sentiero timidi che andavano cercati con pazienza con numerose deviazioni, ed i silenzi in certi posti che non si sarebbero percepiti se non con numerose soste in luoghi che non sembravano adatti, e gustare i punti panoramici e le marmotte e gli echi e le fonti d'acqua ed i caprioli che non si trovavano sul sentiero ma magari più in là, in posti scomodi da raggiungere... Insomma, ora Vedevo, seguivo la mia Guida fiducioso lungo il crinale aspettando solo la deviazione dalla via che mi sembrava quella più giusta solo perché la ritenevo più veloce e diretta verso la vetta. Ma era sbagliato vederla così la montagna, perché lei non esisteva in funzione della Vetta ne poteva questa essere lo scopo primo dell'escursione, la vetta era solo un altro punto qualsiasi lungo la montagna che si poteva raggiungere anche in elicottero. Esisteva invece la montagna nella sua interezza, che andava scoperta a piedi, conosciuta e vissuta, camminandola in lungo ed in largo, pazientemente. Ora aspettavo le deviazioni perché avevo imparato che non esisteva una vetta ma solo la vita, avevo imparato ad Osservare cosa si nascondeva e cosa si andava Cercando tra tutti quei passi che sembravano solo in più, solo una fatica aggiuntiva. Non erano più fatiche aggiuntive ed inutili, si erano svelate invece fatiche necessarie, non più sofferte e respinte, ma semplicemente Esistenti per godere di ciò che non si mostrava lungo il sentiero principale ma si nascondeva Celato, dove occorreva Osservare per Vedere, Camminare per Raggiungere.
Si godeva così il Cammino fino in fondo, e si scopriva la montagna nella sua interezza, si placava la Sete di silenzi e si appagava quella passione che mi era nata dentro la mia Anima, nel suo profondo.
Muovevo così i miei passi senza più alcun un dubbio.
In quell'istante mi svegliai come da un sogno e capii che la vera montagna la stavo scalando dentro al mio Cuore e che mi ritrovavo ancora a quel fatidico bivio, quella stessa notte nebbiosa, e che avevo scelto invece di Seguire la Via, e che percepivo delle voci sempre più forti quasi da spaccarmi le orecchie, e poi vidi finalmente i miei compagni e la mia Guida che mi mettevano in allerta da pochi metri più in là comparendo tra la nebbia urlandomi di non perdermi, come se fossi un sordo.

Nessun commento: